Il tempo scorre ma il ricordo non può affievolirsi. Il ricordo di chi 12 anni fa perse la vita sotto le macerie.
E’ la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009: alle 3.32 del mattino a L’Aquila si scatena l’apocalisse con una scossa di terremoto di 5,8 gradi della scala Richter che in pochi minuti distrugge gran parte del centro storico della città e molti paesi vicini. Il bilancio è pesantissimo: più di 300 le vittime, 1.600 i feriti, decine di migliaia gli sfollati. Tra i paesi distrutti c’è anche Onna, che, rasa completamente al suolo, diverrà il simbolo della tragedia.
Dodici anni dopo ricordare è un dovere: ricordare anche le vittime ciociare e pontine: Giulia Carnevale di Arpino, Nicola Bianchi di Monte San Giovanni Campano, Armando Cristiani e Marco Alviani di Sora, Maria Civita Mignano di Castelforte.
Anche quest’anno, stante il perdurare dell’epidemia, non vi è stata la consueta fiaccolata.
Non sono mancati i trecentonove rintocchi di campane, l’accensione di un simbolico braciere da parte di un vigile del fuoco davanti alla Chiesa di Santa Maria del Suffragio, ed un fascio di luce verso il cielo in Piazza Duomo. Suggestiva la coreografia degli agenti della Questura de L’aquila. Schierati in piazza Duomo con le loro vetture hanno ricreato un’aquila.
Un’immagine che più di ogni altra, quest’anno, può simboleggiare come il ricordo del dramma fa non muoia mai. Perché ricordare chi ha perso la vita mentre stava dormendo, dentro 4 mura, è un dovere morale e civile per costruire davvero un domani migliore.