FROSINONE – Ieri il signor Mario è stato sottoposto alla terapia con gli anticorpi monoclonali. Oggi l’appuntamento è per Paola, sua moglie. Anche a lei viene somministrata la stessa terapia per combattere il COVID.
Entrambi sono pazienti con gravi fattori di rischio quindi candidabili a questa terapia che è limitata a precise tipologie di pazienti, che hanno un’alta probabilità di peggioramento.
Gli anticorpi monoclonali impediscono il danno d’organo e quindi la degenerazione della malattia con insufficienza respiratoria severa, con la necessità di ricovero in ospedale e eventualmente nella terapia intensiva.
“Sono pazienti, con gravi fattori di rischio, ma con una forma iniziale della malattia, senza necessità di ossigeno. Gli anticorpi monoclonali sono proteine in grado di neutralizzare gli antigeni, cioè quelle sostanze estranee all’organismo come virus e batteri – spiega la dottoressa Katia Casinelli, primario di Malattie Infettive e responsabile del Centro di somministrazione degli anticorpi monoclonali all’Ospedale di Frosinone.
“Le persone destinatarie della terapia dovranno avere l’infezione da non più di 10 giorni e presentare una sintomatologia lieve o moderata, tale da non richiedere la somministrazione di ossigeno – illustra Casinelli – ed è fondamentale la correttezza della diagnosi e la rapidità di comunicazione da parte del medico di medicina generale”. “L’infusione dura un’ora. Dopo il paziente rimane in osservazione per un’altra ora e finalmente può tornare a casa, dove verrà costantemente monitorato da noi, perun mese, con telefonate ogni dieci giorni”, spiega la dottoressa Rosalba Cipriani, responsabile del coordinamento operativo.
Dal sedici marzo, giorno in cui è iniziata la somministrazione della terapia con anticorpi monoclonali alla Asl di Frosinone, sono sedici i pazienti che si sono sottoposto all’infusione.