Rispetto al periodo pre-covid Frosinone è la quarta provincia in Italia ad aver registrato un incremento occu-pazionale. La crescita è del 10,9 per cento, pari a 16 mila e 600 occupati in più nel periodo 2019-2023.
Lo dice l’analisi della Cgia di Mestre. L’incremento maggiore c’è stato a Lecce, poi a Benevento e En-na. Va anche detto, però, che la Ciociaria nel confronto tra 2022 e 2023 ha perso 2700 occupati, pari al -1,6 per cento.
Quale è la situazione che si registra nelle altre province laziali? A Latina la crescita è stata del 3,7 per cento, pari a 7mila e600 unità in più. Tra 2022 e 2023 nel pontino ci sono stati 3600 occupati in più.
A Viterbo tra il 2019 e il 2023 gli occupati, invece, sono aumentati del 3,3 per cento, con 3mila e 600 unità in più.
A Rieti saldo positivo del 2,1 per cento, con mille e 200 lavoratori in più. Nell’ultimo anno, invece, la crescita è stata ben più consistente.
A Roma la crescita percentuale nel periodo 2019-23 è dell’0,7 per cento, ovvero poco piu’ di 12 mila occupati. Ma nel confronto 2022-23 ci sono stati quasi 50 mila occupati in più.
La peggiore provincia italiana è quella di Fermo con un calo del 7,9 per cento. In cinque anni qui si sono persi 6mila lavoratori.
A livello nazionale è un momento positivo per l’occupazione: Nel 2023, infatti, la platea degli occupati in Italia ha toccato i 23,6 milioni di unità, 471 mila in più rispetto al periodo pre-Covid, di cui 213 mila hanno interessato il Mezzogiorno
Le previsioni della Cgia di Mestre dicono che lo stock complessivo degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, sfiorando i 24 milioni di addetti entro il 2025. Aumentano i lavoratori con contratto a tempo ideterminato, 8 su 10: è sempre più richiesto personale qualificato ma le criticità non mancano. La principale rimane proprio il basso tasso di occupazione; tra i 20 Paesi dell’Area dell’Euro, l’Italia è fanalino di coda con un “misero” 61,5 per cento, contro una media dell’Eurozona del 70,1 per cento. Rispetto al 2019, inoltre, i lavoratori autonomi in Italia sono scesi di 223 mila unità (-4,2 per cento), nonostante nell’ultimo anno ci sia stato un leggero segnale di ripresa
Senza contare che l’Italia conta storicamente su livelli retributivi mediamente più bassi degli altri Paesi dell’UE, a causa di un livello di produttività del lavoro molto basso, di un tasso di persone che non lavorano né studiano elevatissimo e di un tasso occupazionale relativo alle donne più contenuto di tutta Eu-ropa.