Roma – Operazione Antimafia della Dia: in carcere il figlio di Enrico Nicoletti, l’ex cassiere della banda della Magliana

18 persone arrestate, 16 in carcere due ai domiciliari, e sequestri per oltre 130 milioni di euro. È il bilancio della maxi operazione della Dia, avviata nel 2018 con il coordinamento della Direzione distrettuale Antimafia. A finire in manette anche il figlio dell’ex storico cassiere della Banda della Magliana Enrico Nicoletti, che era originario di Monte San Giovanni Campano in Ciociaria, morto nel 2020. Si tratta di Antonio Nicoletti. In carcere anche Vincenzo Senese, figlio del boss Michele.
Sono stati raccolti elementi su due associazioni per delinquere che attraverso una strategia di som-mersione – stando alle ipotesi – riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali in molteplici campi come la cinematografia, l’edilizia, la logistica, il commercio di auto e di idrocarburi. Sono state costituite – si ipotizza – numerose società ‘fittizie’ per emettere false fatturazioni gra-zie al supporto fornito, tra gli altri, da imprenditori e da liberi professionisti. Reati aggravati dall’aver agevolato i clan di camorra Mazzarella – D’Amico, le cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e il clan Senese.
Antonio Nicoletti è accusato di essere al vertice di una prima associazione individuata, insieme ad altri sodali.
Secondo le ipotesi, grazie alla partecipazione di numerosi soggetti appartenenti agli ambienti della criminalità autoctona romana e di matrice camorristica, sarebbe stata creata una complessa rete di società “cartiere” intestate a prestanome attraverso le quali riciclare ingentissime somme di denaro proveniente dai clan campani.
La prosecuzione delle indagini ha ipotizzato una convergenza di interessi di mafie storiche e nuove mafie, nel settore del commercio illecito degli idrocarburi. Gravemente indiziato quale capo e promotore di quest’altra organizzazione è Vincenzo Senese, insieme ad altri soggetti.
Per gli inquirenti è emersa la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo.