Ascoli – Operazione Santo Domingo: maxi truffa ai risparmiatori, coinvolta anche la ciociaria


Contrastare le forme di illegalità che minano il corretto funzionamento dell’economia legale, alterando le regole di libera concorrenza del mercato; garantire le condizioni che consentono una corretta allocazione del risparmio ed un adeguato presidio dei circuiti di finanziamento alternativi al sistema bancario. Queste le principali prerogative attraverso le quali la Guardia di Finanza assicura la diuturna azione a tutela dell’economia e che hanno portato il Comando Provinciale di Ascoli Piceno, coordinato dalla locale Procura della Repubblica, ad indagare su 9 società, 4 italiane [ubicate a Roma, Catania, Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto (AP)] e 5 estere (operanti negli Stati Uniti, nella Repubblica Dominicana, in Nuova Zelanda e in Austria). Truffa e abusivismo finanziario le fattispecie sin ora individuate, ascritte a diverso titolo, in capo a 10 persone, residenti in distinte località dell’Italia; si parte dal piceno (Ascoli Piceno, Castel di Lama, San Benedetto del Tronto e Monteprandone) per arrivare a Bolzano, Roma, Tivoli (RM), Guidonia Montecelio (RM), Palma di Montechiaro (AG) e Orvieto (TR).

Soggetti per lo più amministratori delle predette società, operanti in diversi ambiti, dalla consulenza per la gestione della logistica aziendale e altre attività professionali a quella del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, in una serie di operazioni che, alla fine delle indagini, hanno disvelato una maxi truffa in danno di un centinaio di risparmiatori. Una raccolta abusiva di denaro che, come ricostruito con riferimento al periodo dal 2015 al 2019, è stata eseguita in assenza di iscrizioni, abilitazioni o autorizzazioni delle Autorità del settore e che è stata quantificata in circa 26,5 milioni di euro, di cui solamente poco più del 50%, come emerso dalle analisi dei flussi finanziari, rimborsati attraverso la simulazione di una parte dei rendimenti di spettanza. È a gennaio del 2020 che la Procura della Repubblica di Ascoli Piceno e le Fiamme Gialle del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Ascoli Piceno chiudono il primo step di quest’indagine, incentrata verso il sodalizio criminale che, attraverso l’offerta di piani d’investimento mediante sottoscrizione di associazioni in partecipazione agli utili di una società di diritto dominicano, attiva nella produzione e coltivazione di cacao e piante tropicali, con la promessa di ingenti e repentini profitti, era riuscito ad ottenere da una cittadina italiana residente a Roma la cospicua somma di 330.000 euro.

Appannaggi e patti non mantenuti; sta di fatto che le vittime, dopo essere state convinte dai promoter a sottoscrivere gli investimenti e ad eseguire i relativi versamenti, non si vedevano corrispondere alcun interesse pattuito dalla società “d’investimento”, che si appropriava dell’intero capitale. Da qui, la prima denuncia alla Procura della Repubblica che, attraverso la Guardia di Finanza, ha avviato la disamina dei flussi finanziari, per individuare la destinazione finale dell’ingente somma. Le indagini proseguono. Si scandagliano, quindi, tutti i conti delle società e dei relativi amministratori, un contesto in cui non sono sfuggite agli occhi attenti degli investigatori anche una serie di movimentazioni finanziarie promosse da un centinaio di persone che non avevano ottenuto alcun ritorno; da qui, dopo la loro individuazione, la scoperta dell’imponente truffa perpetrata a seguito di una raccolta abusiva di denaro. Risparmiatori residenti in tutta Italia, vittime del medesimo disegno criminoso, dal Trentino Alto Adige alla Sicilia, passando per la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, l’Umbria, l’Abruzzo, il Lazio e la Puglia, presentano querele, tutte poi riunite e analizzate dalla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno che delegava e quindi valutava una complessa e articolata attività di indagine.

Persone “comuni”, di ogni professione ed età, inizialmente convinte di aver realizzato “investimenti” sicuri e redditizi e che, dopo vane e reiterate insistenze tese ad ottenere gli interessi promessi, hanno invece capito non solo di essere capitati in un “circolo vizioso” dal quale difficilmente ne sarebbero uscite, ma, soprattutto, di aver verosimilmente perso ogni speranza per poter rientrare in possesso anche dei soli capitali investiti. Una percezione insostenibile, giunta, peraltro, in uno dei momenti più difficili degli ultimi tempi a causa dell’emergenza da Covid-19, dove anche gli ultimi residui dei risparmi di una vita possono offrire quelle opportunità per far fronte agli effetti dei reiterati lockdown e, in molti casi, anche alle sole necessità quotidiane. Numerose, tra le vittime, anche diverse persone anziane, come capitato, ad esempio, ad una 78enne di Roma, ad una coppia ultra 70enne di Garbara Novarese (NO), ad una 79enne di Aragona (AG), piuttosto che a quella coppia di 80enni di Orte (VT) che aveva “affidato” ai promoter una cifra di “soli” 5.000 euro, probabilmente il frutto dei risparmi di una vita che ancora erano riusciti a preservare fino a quel momento. Un fiume di denaro raccolto con spregiudicatezza, buona parte del quale era servito agli stessi organizzatori della colossale truffa per convincere i nuovi investitori attraverso l’ostentazione di strutture societarie impiantate ad hoc nelle migliori zone delle città italiane, dotate di uffici e di arredi di lusso, così come altrettanto prestigiose erano le autovetture con le quali si recavano dai potenziali clienti, elementi tutti costituenti quell’appannaggio di “solidità” e di “affidabilità” degli affari imprenditoriali, necessari per convincere in fretta gli investitori.

Nel complesso dei cinque anni finiti sotto le lenti della Procura della Repubblica e delle Fiamme Gialle, diverse sono risultate le province interessate alla raccolta dei risparmi: Agrigento, Arezzo, Brescia, Bolzano, L’Aquila, Lecce, Ferrara, Frosinone, Novara, Palermo, Pisa, Pordenone, Ragusa, Roma, Terni e Viterbo. Ancora una volta, il sistema truffaldino disvelato si è presentato agli investigatori sotto la forma di piani d’investimento offerti mediante la sottoscrizione di contratti di associazione in partecipazione agli utili di una società, dietro promessa di ingenti remunerazioni a fronte del capitale versato; di nuovo, l’impresa di diritto dominicano attiva nella produzione e coltivazione di cacao e piante tropicali. Indagini finanziarie, approfondimento di una consistente serie di segnalazioni di operazioni sospette, di dati contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari, dei report del Controllo economico del territorio. Sono queste le dinamiche che, in un prefissato percorso metodologico, hanno portato le Fiamme Gialle picene ad individuare alcune particolari movimentazioni di denaro che, quantunque apparentemente non rilevanti, sono state invece ritenute elementi idonei a scoprire innumerevoli flussi riconducibili ad attività illecite e, infine, a tracciare nel dettaglio il “giro di affari” realizzato dal sodalizio criminale. Un impianto risultato, infine, il classico schema “piramidale” di truffa che richiama il c.d. “Schema Ponzi”, in cui le nuove operazioni di investimento, nella sostanza, servivano solamente a simulare parte dei rendimenti per gli investitori precedenti. Una gestione di denaro per la quale i militari della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno hanno riconosciuto anche le condizioni dell’abusivismo finanziario, il cui art. 166 del “Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” contempla la reclusione da 1 a 8 anni e la multa da 4.000 a 10.000 euro. Questa seconda fase dell’attività ha portato alla denuncia di 9 persone – di cui 7 già deferite nel precedente mese di gennaio – per i reati di truffa aggravata, e, appunto, abusivismo finanziario.

Molteplici sono i fascicoli del procedimento giudiziario che troverà impegnata l’Autorità Giudiziaria di Ascoli Piceno nel vaglio delle posizioni di diversi soggetti, residenti in diversi Comuni italiani, ritenuti responsabili di una serie di reati che, nel loro insieme, contemplano pene detentive assai elevate. Sanzioni sono state proposte e saranno considerate dall’Autorità Giudiziaria anche con riferimento agli illeciti commessi nell’interesse o a vantaggio delle diverse imprese italiane coinvolte nelle indagini, in relazione ai reati commessi dagli amministratori, dai dipendenti e dai collaboratori durante lo svolgimento delle loro attività, in applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche prevista dal D.Lgs. n. 231/2001. Si arriva ad oggi, l’epilogo di una vicenda che ha trovato, ancora una volta, l’Autorità Giudiziaria e la Guardia di Finanza di Ascoli Piceno impegnate con successo in un’indagine internazionale caratterizzata da circostanze aggravanti connesse al “reato transnazionale” per effetto dei flussi finanziari esportati in favore di società estere, conclusa anche con l’esatta quantificazione, in capo a ciascun responsabile, dei profitti dei reati; e grazie al provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Ascoli Piceno su richiesta della Procura della Repubblica, sono stati garantiti all’indagine beni e valori per ingente importo.

E’ infatti di 4 milioni di euro il valore di quanto “assicurato” alle indagini a conclusione dell’operazione “Santo Domingo”: 33 terreni (nel piceno, a Roccafluvione), 12 immobili (nel piceno, a San Benedetto del Tronto, Monteprandone e Castel di Lama; nel viterbese, a Montalto di Castro; nell’agrigentino, a Palma di Montechiaro), 18 rapporti finanziari [costituiti da conti correnti, buoni fruttiferi, depositi risparmio, polizze vita e carte prepagate sequestrate a Varese, Mogliano Veneto (TV), Roma, Guidonia Montecelio (RM), Ascoli Piceno, San Benedetto del Tronto (AP), Monteprandone (AP), Castel di Lama (AP)], 3 autovetture [sequestrate a Monteprandone (AP), Castel di Lama (AP) e Palma di Montechiaro (AG)], un motoveicolo (sequestrato ad Ascoli Piceno), gioielli d’oro (rinvenuti a Roma, depositati presso una cassetta di sicurezza) e quote azionarie di una S.p.A. di Ascoli Piceno. Sono stati gli stessi militari del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria a dare esecuzione al provvedimento di sequestro, in un ambito che, ancorché risolto da un punto di vista sostanziale delle indagini, lascia ancora aperti altri spiragli, per il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, per le valutazioni dei correlati aspetti di carattere amministrativo, considerando i presupposti di applicabilità della c.d. “tassazione dei proventi illeciti” in capo a ciascuna delle 10 persone denunciate, perfezionandosi, così, l’esercizio delle primarie competenze di polizia economico-finanziaria del Corpo nella lotta all’evasione fiscale.