I Pronto Soccorso degli ospedali sono ormai da troppo luoghi presi ad esempio solo per aspetti negativi. Lunghe attese, ambulanze in fila perché mancano le barelle, pazienti collocati in situazioni non sempre confortevoli ed infine, la cosa più odiosa: le aggressioni ai sanitari. I Pronto Soccorso però sono molto altro. Sono la trincea che affronta le emergenze, ma soprattutto sono luoghi vissuti da donne e uomini, da professionisti della sanità che troppo spesso sacrificano la loro stessa vita privata.
Dopo l’ultima aggressione subita a Cassino da un infermiere, ci ha pensato una collega, Nicoletta Palombo, anche lei in forza al reparto d’emergenza del Santa Scolastica a mettere le cose in chiaro e a far parlare prima la donna e poi la professionista, con una lettera aperta pubblicata sulla pagina Facebook della Asl ciociara. Nicoletta parla del Pronto Soccorso come uno “dei reparti meno ambiti e tristemente noti”, eppure lei è lì, ogni giorno.
“In Pronto Soccorso si fornisce tempo a chi non ne ha. In pochi minuti e con pochi elementi a disposizione, è necessario effettuare diagnosi complesse e trattamenti tempestivi ed adeguati”. Queste le parole di Nicoletta, semmai dovessero servire, perché la funzione di quel reparto dovrebbe essere ben nota a tutti. Nicoletta sottolinea come l’unico imperativo sia correre per assistere in primis le emergenze, quelle vere, quelle in cui si rischia la vita e non di perdere tempo.
“Quando una persona si presenta in Pronto Soccorso – continua la lettera – le viene assegnato un codice dopo una attenta valutazione. Sono numerose le persone che si presentano in pronto soccorso in assenza di reale emergenza, ciò comporta: allungamento dei tempi, sovraffollamento e disagio per chi ha urgente bisogno di assistenza”. Ma non solo. Nicoletta parla anche delle conseguenze sui professionisti: vittime di violenza o di sindrome di burn out, ovvero una sorta di esaurimento da lavoro eccessivo.
“Tuttavia il pronto soccorso – e qui conclude Nicoletta – continua ad essere la vera piattaforma di uguaglianza di fronte alle più svariate situazioni e, in quanto tale, è necessario si mantenga efficiente: non per il diritto alla salute, ma alla vita”. La lettera si conclude così, con i ringraziamenti di Nicoletta, certi che il grazie sia quello che ognuno di noi dovrebbe restituire a loro.