Fatture ed operazioni finanziarie inesistenti che secondo la guardia di finanza di Frosinone hanno permesso ad un imprenditore petrolifero di Aprilia e ad altri due soggetti di frodare lo Stato per oltre 6 milioni di euro.
I Finanzieri del Comando Provinciale di Frosinone, coordinati dalla Procura della Repubblica di Latina, nelle prime ore di giovedì hanno cosi eseguito un provvedimento cautelare di arresti domiciliari nei confronti dell’imprenditore pontino. Non solo perche le fiamme gialle hanno sequestrato, in modo preventivo, beni per un milione e 300 mila euro, riconducibili a lui e ai due soggetti. Beni dislocati da Roma ad Aprilia passando per Pomezia e Guidonia.
Tutto è nato nel 2019 da un controllo fiscale del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Frosinone nei confronti di una società di capitali, con sede ad Aprilia, operante nel settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi.
L’azienda era già noto alle forze dell’ordine perchè finita al centro di una altra attività di polizia tributaria svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Frosinone nei confronti di un’altra impresa ciociara operante nel settore petroli e che ha permesso di individuare una complessa e sofisticata frode fiscale, diffusa su tutto il territorio nazionale, che consentiva la vendita di carburante a prezzi fuori mercato.
Dalla ciociaria al pontino dove si è poi spostata l attenzione della guardia di finanza che lì ha portato alla luce – stando alle accuse – un articolato e collaudato sistema di “frodi carosello” nel settore dell’I.V.A. Aziende di piccole medie dimensioni che nella continua compravendita di gasolio tra loro, riuscivano, stando alle accuse , ad evadere l’iva, evadendo le imposte come calcolato dagli investigatori per oltre 6 milioni di euro.
E non solo. Perchè dal quadro investigativo è emerso che l’imprenditore pontino già noto alle forze dell’ordine e con un passato che lo ha visto ricoprire anche cariche pubbliche nell’amministrazione comunale di Aprilia, aveva cercato anche di prevedere eventuali controlli, intestando società o quote di esse, a teste di legno che dietro piccole somme di denaro, si sono prestati ad assumere “falsamente” secondo la finanza, la titolarità delle quote, e dunque la carica almeno su carta di amministrazione di diritto della società.
Un sistema pensato in ogni singola mossa, stando alla ricostruzione degli inquirenti, caduto questa mattina come un castello di sabbia sotto il peso delle accuse della Guardia di Finanza.