Un giro di auto di lusso rubate e poi rivendute all’estero. È quello ipotizzato dagli agenti di Polizia di Latina nell’ambito di un’indagine coordinata dai sostituti procuratori Giuseppe Bontempo e Valerio De Luca. Undici gli arresti eseguiti in Italia e Francia a carico di altrettanti soggetti ritenuti componenti di un’ organizzazione criminale italo-francese.
A loro i poliziotti della Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento Polizia Stradale di Roma, e del Distaccamento di Aprilia, contestano vari reati: dal furto al riciclaggio internazionale di veicoli, solo per citarne alcuni.
Per determinati episodi criminali è stata ipotizzata anche l’aggravante della transnazionalità. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori la banda era in grado di immettere nel mercato clandestino, italiano ed estero, decine di auto rubate al giorno.
Il capo indiscusso del gruppo criminale – secondo le accuse – era un cittadino italiano di origine marocchina, noto nell’ambiente anche per i suoi metodi bruschi ed intimidatori.
C’erano poi i procacciatori di auto che, attraverso ripetuti sopralluoghi su vaste aree del territorio, cercavano i veicoli da rubare e, subito dopo, il momento giusto per farlo.
Una volta portate nelle officine entravano in gioco meccanici e carrozzieri compiacenti per modificare il telaio, sostituire le targhe e riparare i danni dell’effrazione. Si procedeva subito alla disattivazione degli allarmi e dei sistemi di geo-localizzazione installati sul veicolo. Nel frattempo, i falsificatori specializzati, si adoperavano per produrre la documentazione falsa o alterata necessaria a costruire la nuova identità delle auto ripulite. L’ultimo compito era affidato ai drivers, conducenti talvolta occasionali, che, dopo aver lavato e lucidato i veicoli, li guidavano fino a raggiungere i punti di scambio, in Italia o all’estero. I membri della banda – sostengono i poliziotti – avevano le basi logistiche nella campagna pontina; le auto venivano spogliate di tutti i dispositivi tecnologici e, durante lo smontaggio, le aree venivano isolate con jammer che azzeravano qualsiasi segnale.