Dal 1982 non produce più energia, dopo appena 18 anni dalla sua inaugurazione: ma per essere davvero inerme la centrale elettronucleare del Garigliano necessita di un intervento si smantellamento da milioni di euro da eseguire sotto la rigida supervisione di controllori e attenendosi a protocolli per la contaminazione di diversi suoi componenti.
Ora dopo oltre 40 anni di inattività c’è una gara da 36 milioni di euro per per affidare i lavori di smantellamento del vessel della centrale del Garigliano, ossia il contenitore d’acciaio di forma cilindrica, e di altri componenti, denominati internals, posizionati al suo interno, nel quale, durante l’esercizio, avveniva la reazione nucleare.
La centrale del Garigliano che ricade nel Comune di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, segna i confini col Lazio Meridionale con i paesi di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Minturno
Per questo il suo smantellamento era atteso da diversi comuni e province, Latina e Caserta in primis.
L’Organo Commissariale Sogin ha avviato anche l’iter di gara per realizzare nella centrale di Latina l’impianto Magnox che consentirà di estrarre e trattare circa 70 tonnellate di residui radioattivi per un ulteriore importo di 10 milioni di euro.
Non si tratta di un intervento veloce. Dopo “l’attacco al vessel”, ovvero il recipiente in pressione che contiene il nocciolo del reattore ed altri componenti interni, che terminerà nel 2027, si entra nella fase finale della disattivazione della centrale aurunca. Si tratta dell’attività più complessa dal punto di vista ingegneristico e operativo, che l’Italia affronterà per la prima volta.