Rifiuti pericolosi classificati come non pericolosi che hanno consentito ad un’azienda della Valcomino di ottenere un profitto di 100 mila euro in circa un anno. E’ l’ipotesi che ha portato i carabinieri del N.I.P.A.A.F e delle stazioni di Frosinone e Veroli, coordinati dal tenente colonnello Vitantonio Masi, a sequestrare il depuratore dell’azienda.
I militari hanno eseguito un provvedimento emesso dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della DDA nell’ambito di un’inchiesta in cui si ipotizzano attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti oltre che lo smaltimento illecito.
L’indagine ha coinvolto quattro società, sette gli indagati: tra loro anche tre professionisti di laboratori privati.
Secondo le accuse l’azienda in questione conferiva illecitamente a società non autorizzate ingenti quantità di rifiuti consistenti in fanghi derivanti dal processo di depurazione che , in assenza di una conoscenza completa della composizione, andavano classificati come pericolosi ed invece – dice l’accusa- erano trattati come non pericolosi.
Questo perché le operazioni di classificazione – dicono i carabinieri Forestali – avvenivano non in conformità dei criteri e delle direttive europee ma in base a pacchetti standard. Analisi che non venivano calibrate sullo specifico rifiuto o sulle specifiche sostanze trattate. Non venivano – inoltre – ricercati inquinanti organici persistenti, i cosiddetti Pop.
Classificando questi rifiuti come non pericolosi la società produttrice – secondo i carabinieri forestali – tra il marzo 2017 ed il settembre 2018 ha tratto un ingiusto profitto pari a 100 mila euro.
L’azienda si è affidata all’avvocato Sandro Salera per chiarire la propria posizione.