Reno de’ Medici ha annunciato l’apertura della procedura di cessazione attività all’interno dello stabilimento di Villa Santa Lucia. Una decisione che, nei fatti, porterà al licenziamento di 163 dipendenti. L’annuncio è arrivato durante una riunione che si è tenuta nella sede cassinate di Unindustria, con l’azienda che ha presentato un documento di quattro pagine in cui ripercorre la vicenda, soprattutto quella giudiziaria della fabbrica, con le motivazioni che hanno portato alla decisione finale. Su tutte il fatto che il fermo produttivo da luglio 2023 ha fortemente compromesso il rapporto con i clienti tradizionali, facendo perdere quote di mercato all’azienda.
I sindacati hanno convocato subito i lavoratori all’interno della fabbrica, spiegando la situazione e sottolineando come lo scenario sia particolarmente preoccupante. Di fatto l’azienda ha aperto la procedura in quanto i licenziamenti non possono arrivare prima di 180 giorni e quella scadenza di fatto combacia con la fine della cassa integrazione, fissata per il prossimo 19 di maggio. Ma i margini per salvare la situazione, ci sono ancora? Secondo i sindacati sì.
Di fatto, da parte della Regione manca una sola autorizzazione: quella al riutilizzo dei fanghi primari. Si tratta di un’autorizzazione utile a far ripartire il depuratore in marcia controllata, come disposto dal Tribunale di Cassino che, comunque, ne aveva rigettato il dissequestro. Senza quell’autorizzazione la cartiera non può ripartire e da fonti sindacali viene sottolineato come negare quel documento aprirebbe un precedente che a cascata coinvolgerebbe anche altre realtà del settore.
Ma i sindacati non vogliono aspettare con le mani in mano: Cgil, Cisl, Uil e Ugl, informando le segreterie nazionali, chiederanno nelle prossime ore un incontro formale in Regione. Vogliono capire a che punto sia l’iter e se davvero manca solo quell’autorizzazione come denuncia l’azienda. Pasquale Legnante, segretario territoriale Cisl e membro della segreteria nazionale, ha sottolineato come bisogna scongiurare a tutti i costi la chiusura, che manderebbe a casa tra diretti e indiretti, circa 300 lavoratori. Per tenere alta la guardia è stato organizzato per venerdì prossimo un grande corteo per le strade di Cassino, per dire “no” alla procedura di chiusura e mettere pressione sulla Regione per il rilascio dell’autorizzazione. Se davvero è solo quello il problema che tiene in bilico su un baratro il futuro di 300 famiglie.